FEDELI A OLTRANZA
UN VIAGGIO TRA
I POPOLI CONVERTITI ALL'ISLAM
di V. S. Naipaul (premio Nobel Letteratura 2001)
(Traduzione di Ubaldo
Stecconi, Navid Carucci e Vincenzo Vergiani. Adelphi)
Note
di copertina
Una carta aggiornata e preoccupante di quel tifone ideologico che è il
fondamentalismo islamico.
Nel 1995, Naipaul torna dopo circa vent'anni in quattro paesi sconvolti, in
diversa misura, dal trionfo dell'Islam. In Indonesia, un'antica società
pastorale ha lasciato il posto a una teocrazia governata dai grattacieli di
Giakarta, dove i nuovi manager si genuflettono alla Mecca - ma senza perder
d'occhio l'andamento, sullo schermo, dei corsi azionari. In Iran, l'ayatollah
Khalkhalli, il Visinskij di Khomeini, è agli arresti domiciliari, mentre nella
sua Qom ogni furore iconoclasta - che non sia la pratica interdetta del bridge,
o l'acquisto clandestino di cd - appare spento. In Pakistan, l'oro saudita con
cui il presidente Zia è andato al potere è servito essenzialmente a scatenare
faide tribali che si credevano sepolte da secoli. Intanto, in Malesia, la
gioventù islamica fa proseliti, vaticinando per la nazione un futuro da grande
potenza del Sud Est asiatico. Nel corso del viaggio, e degli incontri, il
taccuino di Naipaul si riempie di storie e osservazioni secche, nitide, mai
prevedibili, restituendoci una carta aggiornata e preoccupante di quel tifone
ideologico - il fondamentalismo islamico - di cui l'Occidente sembra non voler
conoscere le traiettorie, ma dal quale si ostina a temere, in modo spesso
scomposto, di essere travolto.
"Spiccava fra le donne silenziose lì raccolte, con i volti spenti, privi di
vita, di chi ha sofferto al punto da non provare più vergogna e forse neanche
sentimenti. Sulla parte inferiore del viso, per nascondere la ferita, era
stretto un velo di un tessuto che pareva mussola. Sopra il velo spuntavano solo
gli occhi e le ciglia. Mi sembravano gli occhi di una bambina e questo rendeva
ancora più penosa l'idea che l'avessero sfigurata".
Indice
Prologo
I.
INDONESIA - IL VOLO DELL'N-250
1.
L'uomo del momento
2.
Storia
3. Un
convertito
4. Un
luogo sacro
5. Il
"kampung"
6.
Sotto la lava
7. "Oh
mama! Oh papa!"
8.
Spettri
II.
IRAN - LA GIUSTIZIA DI ALÌ
1. La
Fondazione degli Oppressi
2.
Ritorno alle origini
3. La
grande guerra
4.
Terreni salmastri
5. Il
carcere
6. Il
martire
7.
Qom: il punitore
8.
Cancro
9. Le
due tribù
III.
PAKISTAN - FUORI DALLA MAPPA DELLA STORIA
1.
Un'impresa criminale
2. Il
sistema politico
3.
Rana nel suo villaggio
4.
Guerriglia
5. Il
penitente
6. La
perdita
7. Dal
Nord
8.
L'orma di Alì
9.
Guerra
IV.
POSCRITTO MALESE - NEL GUSCIO DEL COCCO
1.
Vestiti vecchi
2. Un
nuovo modello
3. Il
figlio del "bomoh"
4.
L'altro mondo
Ringraziamenti
Prologo
Questo libro parla di persone. Non è un
libro di opinioni, è un libro di storie. Le storie sono state raccolte nel 1995
durante un viaggio di cinque mesi in quattro paesi musulmani non arabi:
Indonesia, Iran, Pakistan e Malaysia. Quindi ci sono un contesto e un tema.
L'Islam è originariamente una religione araba; tutti i musulmani non arabi sono
convertiti. L'Islam non è solamente una questione di coscienza o di fede
personale: ha aspirazioni imperialistiche. Il convertito cambia la sua visione
del mondo, perché i luoghi santi sono in terra araba, perché la lingua sacra è
l'arabo. Cambia pure la sua idea della storia: il convertito rinuncia alla
propria e diventa, che gli piaccia o no, parte della storia araba. Quindi deve
voltare le spalle a tutto ciò che gli è proprio. Lo sconvolgimento sociale che
ne deriva è enorme e può protrarsi anche per mille anni, mentre l'atto di
"voltare le spalle" deve essere ripetuto in continuazione. Di conseguenza gli
uomini si creano immagini fantasiose di chi sono e cosa sono e nell'Islam dei
paesi convertiti si insinua un elemento di nevrosi e di nichilismo. Da qui la
facilità di tali paesi a infiammarsi.
Questo libro è il seguito di un altro che pubblicai diciassette anni fa, Tra
i credenti: un viaggio nell'Islam, che raccontava un viaggio compiuto negli
stessi quattro paesi. Quando lo intrapresi, nel 1979, non sapevo quasi nulla
dell'Islam: è la condizione migliore per iniziare un'impresa. Quel primo libro
fu un'esplorazione dei dettagli della fede e di ciò che appariva come il suo
potenziale rivoluzionario. Il tema della conversione era sempre presente, ma non
lo vedevo in termini così chiari come in questo secondo viaggio.
Fedeli a oltranza è un'aggiunta e una prosecuzione del libro precedente
ma si articola in modo diverso. Non è tanto un libro di viaggi: lo scrittore è
meno presente, fa meno domande. Resta sullo sfondo, fidandosi del suo istinto di
scopritore di uomini, di trovastorie. Queste storie sbocciano l'una dall'altra,
si compongono autonomamente e definiscono ogni paese e le sue sollecitazioni; le
quattro sezioni del libro costituiscono, insomma, un tutto unico.
Ho iniziato la mia carriera di scrittore come romanziere, ovvero come
organizzatore di narrazioni; allora credevo che fosse un'attività insuperabile.
Quando, quasi quarant'anni fa, mi fu chiesto di visitare certi territori
coloniali in America Latina e nei Caraibi e di farne un libro, fui felicissimo
di viaggiare, di arrivare in posti strani su piccoli aerei, di risalire i fiumi
dell'America del Sud. Però non sapevo bene come scrivere il libro, come far
emergere un quadro. La prima volta me la cavai con l'autobiografia e il
paesaggio; solo anni dopo ho capito che, per uno scrittore, ciò che conta del
viaggio sono le persone in mezzo a cui si viene a trovare.
E così in questi miei
libri di viaggi, o esplorazioni culturali, lo scrittore-viaggiatore si ritira
sempre di più, la gente del paese sale alla ribalta e io torno ad essere ciò che
sono stato all'inizio: un organizzatore di narrazioni. Nell’Ottocento la storia inventata
si usava per fare ciò che alle altre forme letterarie - la poesia, il saggio -
non riusciva facilmente: riportare le notizie da una società in trasformazione,
descrivere gli stati d’animo. Mi sembra strano che il libro di viaggi, in
origine tanto lontano dai miei istinti, mi abbia riportato proprio a questo,
alla ricerca di storie; ma falsificare o forzare le narrazioni avrebbe tradito
il significato del mio lavoro. Le storie contengono già abbastanza nodi
intricati: sono proprio questi a costituire il senso ; il lettore del libro non
cerchi le “conclusioni”.
Ci si potrebbe chiedere se altre storie o
persone avrebbero potuto creare o suggerire paesaggi umani di tipo diverso. Non
credo: un treno ha molte carrozze e varie classi, ma attraversa lo stesso
paesaggio. Gli uomini reagiscono alle medesime pressioni politiche, religiose e
culturali. Allo scrittore non resta che ascoltare, molto attentamente e con il
cuore sgombro, ciò che la gente ha da dirgli e poi fare un’altra domanda e
un’altra ancora.
Il tema della conversione può essere
interpretato anche in modo diverso. Lo si può vedere come una specie di
passaggio dalle vecchie credenze, dalle religione legate alla terra, dal culto
dei dominatori e delle divinità locali alle religioni rivelate - principalmente
il cristianesimo e l’Islam - che abbracciano un territorio filosofico,
umanitario e sociale più ampio. Gli indù sostengono che l’induismo è meno
coercitivo e più “spirituale”; e hanno ragione. Ma Gandhi ha preso le sue idee
sociali dal cristianesimo.
Il passaggio dal mondo
classico al cristianesimo ormai è storia. Leggendo i testi, non è facile
immaginarsile lunghe dispute e le angosce che quella transizione produsse. Ma in
alcune culture descritte in questo libro, il passaggio all'Islam e, a volte, al
cristianesimo è ancora in corso. E' l'ulteriore tensione drammatica sullo sfondo
della loro storia, una sorta di big bang culturale, l'incessante sgretolamento
del mondo antico.
V. S. Naipaul
Cfr. anche:
La Terra di Hûrqalyâ
Henry Corbin
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