Novalis

Pietro De Luigi on web

 

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Libri

Friedrich von Hardenberg

(2 maggio 1772 - 25 marzo 1801)

detto Novalis ("illustratore di nuove terre")

 

Dal romanzo Il fiore azzurro, di Penelope Fitzgerald:

 

«L'algebra, come il laudano, attutisce il dolore», scrisse Fritz. «Ma lo studio dell'algebra mi ha confermato che la filosofia e la matematica, come la matematica e la musica, parlano la stessa lingua. Questo, naturalmente, non è sufficiente. Vedrò la mia strada col tempo. Pazienza, la chiave girerà.

Noi crediamo di conoscere le leggi che governano la nostra esistenza. Abbiamo dei barlumi, forse solo una o due volte in una esistenza, di un sistema totalmente diverso attivo dietro essi. Un giorno mentre leggevo, fra Rippach e Lützen, sentii la certezza dell'immortalità, come il tocco di una mano. - La prima volta che andai a casa dei Just a Tennstedt, la casa mi sembrò raggiante, persino la tovaglia verde, sì, persino la ciotola dello zucchero. - La prima volta che vidi Sophie, un quarto d'ora mi decise. - Rahel mi rimproverò, Erasmus mi rimproverò, ma si sbagliavano, si sbagliavano tutti e due. - Nel cimitero di Weissenfels vidi un ragazzo, non ancora cresciuto fino a diventare uomo, ritto a capo chino in meditazione su di uno spazio verde non ancora scavato, una vista consolante nella semioscurità. Questi sono stati i momenti veramente importanti della mia vita, anche se finisse domani.

«Così come sono le cose, noi siamo i nemici del mondo, e stranieri su questa terra. Il nostro afferrarla è un processo di estraniamento. Attraverso lo straniamento stesso io mo guadagno da vivere di giorno in giorno. Io dico, questo è animato, ma quello è inanimato. Io sono un Ispettore di Saline, quello è sale di roccia. Vado oltre questo, molto oltre, e dico questo è veglia, quello è un sogno, questo appartiene al corpo, quello allo spirito, questo appartiene a spazio e distanza, quello a tempo e durata. Ma lo spazio si riversa nel tempo, come il corpo nell'anima, così che l'uno non può misurarsi senza l'altro. Io voglio sforzarmi di trovare un criterio di misura diverso.

«Io amo Sophie di più perché è malata. La malattia, l'impotenza, sono di per sé una rivendicazione di amore. Non potremmo provare amore per Dio stesso se egli non avesse bisogno del nostro aiuto. - Ma coloro che stanno bene, e devono stare lì e non fare niente, hanno bisogno di aiuto anche loro, forse anche più dei malati».

(Da: P. Fitzgerald, Il fiore azzurro, Sellerio editore, Palermo, pp. 227-228)

 

 

 

 

 

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